Siamo stati molto lieti di avervi avuti con noi!
Abbiamo letto insieme la fiaba Rosaspina dei fratelli Grimm, una rielaborazione più breve di La bella addormentata nel bosco di Charles Perrault. I partecipanti sono rimasti colpiti dalla possibilità di mettere in connessione un testo così fantasioso con la realtà della cura. Abbiamo parlato del tempo, dell’attesa, del coraggio, della speranza, del sogno. Qualcuno ha fatto notare la dimensione perturbante delle fiabe, che ci colpiscono fin da bambini ma vengono rielaborate in modo diverso nell’età adulta. Altri hanno interpretato il sonno e il risveglio come una metafora dello spirito che entra in una fase dormiente per poi accedere a una nuova consapevolezza. Abbiamo anche riflettuto sull’idea di “lieto fine”.
Poi, abbiamo scritto ispirati dalla frase: “C’era una volta…”. Alla luce dei testi, abbiamo riflettuto sugli elementi dello spazio, del corpo e del tempo, ma anche sulla tripartizione dell’io nella scrittura autobiografica e in particolare diaristica, dove le figure del narratore, del protagonista e del primo lettore si sovrappongono. Si è dunque parlato della scrittura come strumento umano per soffermarsi e interpretare il mondo che ci circonda. Sono emersi i temi dell’assenza e della presenza, e qualcuno è rimasto colpito dalla magia di sentire gli altri partecipanti che leggevano ad alta voce il proprio testo.
Invitiamo i partecipanti del laboratorio a condividere i propri scritti nella parte “blog” dedicata alla fine della presente pagina (“Leave a Reply”). Speriamo di creare, attraverso questo forum di condivisione, uno spazio in cui continuare la nostra conversazione!
Stiamo raccogliendo impressioni e breve feedback sui nostri laboratori di medicina narrativa su Zoom!
Questo breve questionario (anonimo, e aperto a chiunque abbia frequentato almeno un laboratorio) è molto importante per noi, e ci permetterà di elaborare sul valore dei nostri laboratori e sul ruolo dello spazio per riflettere e metabolizzare il momento presente. Vi preghiamo quindi di condividere le nostre riflessioni con noi!
Rosaspina dei Fratelli Grimm
C’erano una volta un re e una regina che ogni giorno dicevano: “Ah, se avessimo un bambino!”. Ma il bambino non veniva mai. Un giorno, mentre la regina faceva il bagno, ecco che un gambero saltò fuori dall’acqua e le disse: “Il tuo desiderio sarà esaudito: darai alla luce una bambina”.
La profezia del gambero si avverò e la regina partorì una bimba così bella che il re non stava più nella pelle dalla gioia e ordinò una gran festa. Non invitò soltanto i suoi parenti, amici e conoscenti, ma anche le fate, perché fossero benevole e propizie alla neonata. Nel suo regno ve n’erano tredici, ma siccome egli possedeva soltanto dodici piatti d’oro per il pranzo, dovette rinunciare a invitarne una.
Dopo la festa, le fate diedero alla bimba i loro doni meravigliosi: la prima le donò la virtù, la seconda la bellezza, la terza la ricchezza, e così via (…). Dieci fate avevano già formulato il loro auspicio, quando giunse la tredicesima che voleva vendicarsi perché non era stata invitata. Ella disse ad alta voce: “A quindici anni, la principessa si pungerà con un fuso e cadrà a terra morta”. Allora si fece avanti la dodicesima, che doveva ancora formulare il suo voto; certo non poteva annullare la spietata sentenza, ma poteva attenuarla e disse: “La principessa non morirà, ma cadrà in un sonno profondo che durerà cento anni”.
Il re, sperando di poter preservare la sua bambina da quella grave disgrazia, ordinò che tutti i fusi del regno fossero bruciati. Frattanto, si adempirono i voti delle fate: la fanciulla era così bella, virtuosa, gentile e intelligente, che non si poteva guardarla senza volerle bene. Ora avvenne che, proprio il giorno in cui compì quindici anni, il re e la regina fossero fuori ed ella rimanesse sola nel castello. Girò dappertutto, visitò ogni stanza e giunse infine a una vecchia torre (…): in una piccola stanzetta c’era una vecchia con un fuso che filava con solerzia il suo lino.
“Oh, nonnina (…) Come gira quest’aggeggio!”, esclamò la fanciulla, e prese in mano il filo per filare anche lei. Ma non appena lo toccò, si compì l’incantesimo ed ella si punse un dito. Come sentì la puntura, cadde a terra in un sonno profondo. E il re e la regina, che stavano rincasando, si addormentarono anch’essi con tutta la corte. I cavalli si addormentarono nelle stalle, i cani nel cortile, le colombe sul tetto, le mosche sulla parete; persino il fuoco che fiammeggiava nel camino si smorzò e si assopì (…). Tutto ciò che aveva parvenza di vita, tacque e dormì.
Intorno al castello crebbe una siepe di fitte spine, che ogni anno diventava sempre più alta, finché arrivò a cingerlo completamente e a ricoprirlo tutto. (…) Nel paese si diffuse la leggenda di Rosaspina, la bella addormentata, come veniva chiamata la principessa; e ogni tanto veniva qualche principe che si avventurava attraverso il roveto tentando di raggiungere il castello. Ma non riuscivano a penetrarvi perché‚ le spine li trattenevano come se si fosse trattato di mani, ed essi si impigliavano e morivano miseramente.
Dopo molti, molti anni, giunse nel paese un altro principe; un vecchio gli parlò dello spineto che circondava un castello nel quale una meravigliosa principessa di nome Rosaspina dormiva con tutta la corte. (…) Molti principi avevano tentato di penetrare fra le spine ma vi erano rimasti imprigionati ed erano miseramente periti. Allora il giovane disse: “Io non ho timore: attraverserò i rovi e vedrò la bella Rosaspina”. Il vecchio cercò di dissuaderlo in tutti i modi, ma egli non gli diede retta.
Ora, proprio il giorno in cui il principe tentò l’impresa erano trascorsi cento anni. Quando si avvicinò al roveto, non trovò che fiori bellissimi che si scostarono spontaneamente al suo passaggio, ricongiungendosi alle sue spalle, sicché‚ egli passò illeso. Giunto nel cortile del castello, vide cavalli e cani da caccia pezzati che dormivano, distesi a terra; sul tetto erano posate le colombe con le testine sotto l’ala. Quando entrò, le mosche dormivano sulla parete (…) mentre la serva sedeva davanti al pollo nero che doveva spennare. Egli andò oltre e vide dormire tutta la corte e in alto, sul trono, dormivano il re e la regina. Proseguì ancora e il silenzio era tale che egli udiva il proprio respiro. Finalmente giunse alla torre e aprì la porta della cameretta in cui dormiva Rosaspina. Giaceva là, ed era così bella che egli non riusciva a distoglierne lo sguardo. Si chinò e le diede un bacio.
Come l’ebbe baciata, Rosaspina aprì gli occhi, si svegliò e lo guardò ridente. Allora scesero insieme, e anche il re, la regina e l’intera corte si svegliarono, e tutti si guardarono stupiti. I cavalli in cortile si alzarono e si scrollarono; i cani da caccia saltarono su scodinzolando; le colombe sul tetto levarono la testina da sotto l’ala, si guardarono intorno e volarono nei campi; le mosche ripresero a muoversi sulle pareti; il fuoco in cucina si ravvivò, si mise ad ardere e continuò a cuocere il pranzo (…); e la serva finì di spennare il pollo.
Poi furono celebrate con gran fasto le nozze del principe e di Rosaspina, che vissero felici fino alla morte.
2 thoughts on “Laboratori Di Medicina Narrativa: sabato 11 luglio dalle 16 alle 17.30”